Collaboratori consapevoli, risultati migliori

Un articolo di Massimo Bolla

Da quando è stata introdotta la norma ISO 9001 in edizione 2015, la consapevolezza è stata portata a rango di requisito.

Siccome so che non tutte le persone che leggono questi articoli sono esperti di qualità (o di ISO 9001), cercherò in queste righe di essere il meno tecnico possibile e di dare consigli pratici su come sfruttare la consapevolezza dei collaboratori per ottenere risoltati migliori (a me il risultato che piace di più è il fatturato).

Ora, lasciamo stare tutte le chiacchiere che avete sentito in giro dai consulenti che, non avendo mai mandato avanti una vera organizzazione, si limitano a ripetere a pappagallo ciò che, se va bene, hanno letto sui libri, perché gestire collaboratori è una cosa seria. Disporre di un branco di lamentosi che non sa dove volete andare, che risultati vi prefiggete, e che non vedono l’ora che arrivino le 17 per prendere armi e bagagli e andare a casa, è qualche cosa che richiede molta attenzione ed esperienza, non letture sofisticate.

E quindi, come sempre, tutto parte da te che sei al vertice di qualcosa e che devi fare in modo che chi dirigi segua con precisione le tue indicazioni.

Mi tocca usare un termine odioso, politica, ma ti faccio una semplice domanda: tu stai in piedi se hai dei clienti soddisfatti (diventano anche dei buoni testimoni per fare clienti nuovi, se sono soddisfatti), e, visto che la soddisfazione del cliente rappresenta la qualità dei tuoi prodotti/servizi, hai una politica per la qualità?

A chi ti rivolgi, che obiettivi hai, qual è il contributo che ti aspetti da ogni persona e le eventuali ricadute positive e negative derivanti dal comportamento dei collaboratori, le hai definite formalmente?

No? E parli di personale che non ti segue? Cosa dovrebbe seguire? Le chiacchiere e le cazzate?

E già che ci siamo: magari collabori con fornitori o personale esterno alla tua organizzazione. Lo sai che anche questi dovrebbero essere consapevoli di tutto ciò che sopra ho scritto?

 

La consapevolezza come processo interno

Se hai compreso quale importanza io dia alla parola consapevolezza, dovresti immaginare che quest’ultima sia un obiettivo della tua organizzazione, pur piccola che sia, e che dovresti gestirla come un processo misurabile.

Tra avere un lavoro ed avere un posto, c’è una bella differenza. I tuoi collaboratori dovrebbero essere chiaramente consapevoli che hanno un lavoro con obiettivi e responsabilità, e che se qualcosa va storto, gli effetti negativi gli devono preventivamente essere spiegati.

Un collaboratore, di qualsiasi livello, deve sapere chiaramente cosa voglia dire generare una non conformità di prodotto o servizio. Deve sapere che ciò a cui lui è addetto ha delle influenze importanti sull’umore del cliente e, non in ultima analisi, sul suo stipendio che, sembra ovvio ma è meglio ribadirlo, è colui che da i soldi all’organizzazione perché quest’ultima paghi tutti i collaboratori.

I soldi che arrivano in busta a fine mese (vale anche per chi ha partita IVA), sono del cliente e se lo fai incazzare…

Non dimenticare poi che anche se un lavoro fatto male non ha influenza sul cliente finale, genera comunque costi inutili, aumenta il rischio di insoddisfazione, diminuisce il livello di collaborazione nell’organizzazione.

 

Come rendere consapevoli i collaboratori

Definita la politica ed i relativi obiettivi, descritte le attività e le modalità per svolgerle, è il momento di fare:

  • comunicazioni dirette
  • riunioni adeguate
  • audit dei processi
  • formazione
  • condivisione obiettivi e risultati
  • condivisione problemi riscontrati
  • istruzioni e procedure
  • verifiche pratiche sulla consapevolezza

Sembra tutto scontato ed ovvio, ma ricorda che il tuo collaboratore non ragiona come te, non vede i problemi come li vedi tu, e non conosce le soluzioni a tali problemi. sei tu che devi accompagnarlo allo svolgimento corretto della sua attività, o partirà per la tangente lasciandoti sgomento a chiederti come sia possibile che “certe cose non le capisca”.

E’ un processo mentale, poco meccanico, che richiede uno sforzo continuo per ottenere risultati, e, soprattutto, considerando che ogni persona è diversa dalle altre, non dare mai niente per scontato.

 

Cosa chiedo ad una organizzazione che vuole avere collaboratori consapevoli

Come vedi ho sempre scritto organizzazione e non azienda perché ciò che ho scritto qui vale per qualunque impresa, ma anche per gli studi professionali.

Tu mi puoi far vedere tutte le registrazioni delle riunioni che hai fatto, le procedure e gli audit, ma quando alla reception non sanno chi sono o, peggio, non sanno perché sono lì, già mi rendo conto che nella tua organizzazione c’è sicuramente facilità di proclami ma molta poca sostanza.

“C’è un signore qui per lei” è la frase che mi illumina sulla tua propensione a fare le cose fatte male, perché il personale non consapevole, anche se solo per pochi attimi al telefono, in alcuni momenti è più importante di te quando dall’altra parte della linea c’è un cliente.

Sono dettagli? Forse, ma tra avere successo e perdere tempo e soldi, la differenza sta molto spesso in come tratti le persone.

Ne devi essere consapevole.

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